👋 Fuori Biden, dentro Trump
Fra tre giorni Trump si insedia, fra due TikTok potrebbe lasciare gli USA, e ieri è uscita la mappa ultradettagliata delle elezioni. Ma come sarebbe finita se il Canada fosse uno stato USA?
Il 20 gennaio Donald Trump diventerà ufficialmente presidente per la seconda volta. Nell’occasione si terrà la classica cerimonia a Washington DC, ci sarà il giuramento e un discorso di inizio mandato.
Il presidente in pectore non ha però atteso il 20 gennaio per fare le prime dichiarazioni su quello che sarà il suo secondo mandato, anzi, ha già fatto ampiamente capire lo spirito con cui si appresta a tornare in carica.
Trump vuole una nuova California?
Il 7 gennaio Donald Trump ha tenuto una conferenza stampa in cui ha reso chiare le sue mire espansionistiche, non escludendo l’uso della forza per ottenere il controllo della Groenlandia e dello Stretto di Panama e augurandosi che il Canada diventi il 51esimo stato degli Stati Uniti. Justin Trudeau, premier dimissionario del Canada, non ha gradito queste uscite, ed Elon Musk ha risposto in modo poco istituzionale.
Al di là dei motivi che spingono Trump ad augurarsi un allargamento degli Stati Uniti, Politico solleva un punto molto elettorale. L’annessione del Canada potrebbe infatti aiutare molto i Dem. “Prendendo alla lettera ma non seriamente le parole di Trump”, scrive Politico, il Canada diventerebbe una seconda California, nel senso di uno stato grande e saldamente Democratico.
Il Canada ha infatti più abitanti di ogni stato americano (40 milioni circa, la California ne ha 39) e sembrerebbe più vicina ai Dem che al GOP. Secondo un sondaggio di quest’anno ad esempio gli abitanti del Canada avrebbero votato in larga maggioranza Kamala Harris: la candidata Dem avrebbe battuto Trump con il 64% dei voti contro il 21% del (quasi) neo presidente.
Se ve lo state chiedendo, anche se si fosse votato in Canada e lì avesse vinto Kamala Harris, alla fine avrebbe comunque vinto Trump per oltre 30 grandi elettori.
In questo stesso periodo il Canada affronta una crisi di governo, visto che, come già detto, il premier Justin Trudeau ha dato le dimissioni, che diventeranno effettive quando verrà trovato un sostituto. Secondo i sondaggi oggi in Canada i Conservatori vincerebbero agilmente le elezioni.
Il riallineamento di Zuckerberg e il TikTok ban
Nelle puntate pre-elettorali di 270 abbiamo parlato tanto di come il mondo digital e tech si sia avvicinato a Donald Trump rispetto alle ultime presidenziali. Un esempio su tutti è Elon Musk, ma anche il mancato endorsement del Washington Post di Jeff Bezos è stato letto in questa chiave.
Il passo successivo è stato l’annuncio di Mark Zuckerberg sulla nuova policy di Meta sulla lotta alla disinformazione, che non si baserà più sul fact checking indipendente, ma sulle correzioni degli utenti. Una scelta che molti hanno letto come un tentativo di avvicinarsi a Donald Trump e alla sua visione sulla libertà di parola.
A scanso di equivoci, i grandi magnati del digital hanno anche promesso molti soldi per pagare l’inaugurazione di Donald Trump.
Anche riferendosi a questo, Joe Biden nel suo discorso del 15 gennaio di addio alla presidenza (e alla politica) ha parlato di oligarchia riferendosi agli Stati Uniti, manifestando il timore che un gruppo ristretto di persone molto ricche possano accumulare eccessivo potere.
(dal minuto 7.24 circa)
Non è però l’unico grosso sviluppo proveniente dal mondo del digitale. Il 19 gennaio potrebbe finire offline negli Stati Uniti TikTok, a meno che non intervenga il Congresso o la Corte Suprema.
Come vi avevamo raccontato a suo tempo, il Congresso ha approvato lo scorso anno una legge che obbligava ByteDance a vendere TikTok, per timore del controllo del governo cinese sull’azienda. Se non fosse successo, l’app sarebbe dovuta diventare inaccessibile dal 19 gennaio. Ed eccoci qui a due giorni dalla deadline.
La Corte Suprema potrebbe pronunciarsi in merito, ma le speranze di ByteDance sono riposte soprattutto in un intervento di Donald Trump, la cui presidenza inizia però il giorno dopo la deadline. Il presidente eletto negli anni è passato dall’essere il primo sostenitore del TikTok ban a essere il principale difensore della piattaforma cinese.
Nel mentre, Bloomberg ha anche ipotizzato che TikTok venga venduta a Elon Musk, ma TikTok ha smentito.
Oggi secondo YouGov il 44% degli statunitensi è d’accordo con la legge che obbliga ByteDance a vendere TikTok, e i repubblicani sono più favorevoli rispetto ai Dem (forse anche perché, come indica lo stesso sondaggio, solo un quinto degli americani sa che Trump si oppone alla legge). Si tratta di un dato più basso rispetto a quello di marzo, quando quasi la metà degli americani si diceva favorevole al TikTok ban.
Curiosamente è una percentuale più alta rispetto a quella di coloro che ritengono TikTok una minaccia per la sicurezza nazionale.
Trump e noi qui in Italia
Il 6 gennaio Giorgia Meloni è volata a Mar-a-Lago, la residenza di Donald Trump, per discutere con il presidente eletto di diversi temi, compresi, secondo la stampa, Starlink e le mosse diplomatiche per favorire la liberazione della giornalista Cecilia Sala da parte dell’Iran.
Secondo un nostro sondaggio per Sky TG24 quasi la metà degli italiani ritiene che con l’elezione di Trump i rapporti fra l’Italia e gli Stati Uniti siano destinati a migliorare. D’altronde non è un segreto che il presidente eletto vada d’accordo con la presidente del Consiglio italiana.
Tuttavia sono meno (32%) coloro che pensano che la presidenza Trump avrà un impatto positivo sulle sorti del nostro Paese. Questa opinione è però condivisa dalla maggioranza degli elettori di centrodestra.
Come abbiamo scritto anche a ridosso delle elezioni, la maggioranza degli italiani si sentiva più vicina a Harris che a Trump, e quindi forse non ci stupisce molto scoprire che appena il 19% degli elettori si fida del presidente eletto.
Una percentuale simile di italiani si fida di Elon Musk (18%) e non convince molto neanche la prospettiva di servirsi della rete Starlink in Italia: sarebbe favorevole solo il 28% degli italiani.
Tutto il resto: l’accordo in Medio Oriente, la fiducia degli americani nei medici e la luna di miele di Trump
🧑⚕️ Una delle nomine più discusse di Donald Trump è quella di Robert Kennedy jr. a ministro della salute. Come noto, il figlio di Bob Kennedy è un grande sostenitore di teorie del complotto, a partire da quelle contro i vaccini. Ma quando si parla di salute di chi si fidano gli americani? YouGov lo ha chiesto in un sondaggio, ed ecco quanti statunitensi si fidano dei consigli medici di questi soggetti:
Il proprio medico 80%
I ricercatori 60%
Il centro di controllo e prevenzione delle malattie 55%
I funzionari della sanità pubblica 51%
Anthony Fauci 33%
Le aziende farmaceutiche 28%
Donald Trump 28%
Joe Biden 27%
Robert Kennedy 27%
Mehmet Oz 18%
Lo stesso sondaggio stima che il 19% degli americani considera i vaccini non sicuri.
🕊️ Il 15 gennaio Hamas e il governo di Israele hanno raggiunto un accordo sugli ostaggi e sul cessate il fuoco, con termini molto simili a quelli proposti da Joe Biden lo scorso maggio. Ovviamente è presto per avere dei dati di sondaggio su cosa pensano gli americani di questa notizia, ma secondo i dati di Data for Progress la proposta di accordo di maggio era sostenuta da circa due americani su tre, soprattutto fra gli elettori Dem. Più freddi i Repubblicani.
🍯 FiveThirtyEight parla già di luna di miele per Donald Trump che, anche se ancora non è entrato in carica, ha visto migliorare sensibilmente il suo gradimento praticamente in ogni fascia demografica dell’elettorato.
Ulteriori letture
Il New York Times, come da tradizione, ha pubblicato una mappa molto dettagliata dei risultati delle elezioni, che in alcune aree arriva a livello di sezione o di isolato. Molto divertente da navigare.
Nel mentre è passato il 6 gennaio 2025, senza i problemi del 6 gennaio 2021. In molti ritengono che Trump potrebbe graziare i colpevoli dell’assalto a Capitol Hill, ma l’Atlantic riflette sui possibili effetti positivi di questa scelta, e addirittura sull’idea che possa essere Biden a concedere la grazia.
Su Politico undici storici provano a capire come sarà ricordata la presidenza di Joe Biden. I suoi successi, gli insuccessi, con giudizi netti che vanno da “la più grande presidenza di un solo mandato” a “un fallimento”.