🧑🏻🦰 Il miglior sondaggio per Trump da molto tempo
L'ex Presidente vola negli stati del Sud secondo NYT/Siena: basterà? Forse c'entra anche un ulteriore spostamento a destra dei Latinos. Il sindaco di NYC è nei guai e Harris non brilla in tv.
Per la seconda settimana consecutiva partiamo da un sondaggio importante di Siena College per il New York Times. La settimana scorsa conteneva notizie tendenzialmente buone per Kamala Harris, considerata saldamente in vantaggio in Pennsylvania, lo stato chiave più importante di queste elezioni. Questa settimana invece può gioire Donald Trump.
Trump vola negli stati della Sun Belt
L’ex Presidente viene stimato in vantaggio nei tre stati del Sud sondati: Arizona (+5%), Georgia (+4%) e North Carolina (+2%). Se Trump vincesse in questi tre stati gli basterebbe poi vincere uno qualsiasi degli stati della Rust Belt (Michigan, Wisconsin e Pennsylvania) per assicurarsi il ritorno alla Casa Bianca.
Nate Cohn, capo analista politico del New York Times, utilizza pochi giri di parole e definisce questo il miglior sondaggio per Trump da diverso tempo. In media il candidato repubblicano guadagna 5 punti per stato rispetto a Harris, in Arizona addirittura 10 dall’ultima volta che il NYT ha sondato lo stato. Anche per questo i numeri sono da prendere con cautela e bisogna guardare anche alle medie. Non lo diciamo noi, lo dice proprio Nate Cohn.
Anche la campagna di Harris ha dato risalto al sondaggio per mettere in allerta i propri elettori, ma senza scomporsi più di tanto.
Se guardiamo alle media di tutti i sondaggi, la situazione sembra più incerta: Trump sarebbe avanti di poco in Arizona, North Carolina e Georgia, e sotto del 2,8% nella media nazionale (che come sappiamo conta fino a un certo punto).
I Dem non possono dare i latinoamericani per scontati
I tre stati della Sun Belt citati (ma anche il Nevada, il quarto swing state del sud non preso in considerazione dal sondaggio) hanno una cosa in comune: una popolazione poco bianca.
Coloro che si identificano solo come bianchi sono il 51% della popolazione del Nevada, il 52% in Georgia, il 60% in Arizona, il 62% in North Carolina. Per fare un paragone, i tre stati in bilico nella Rust Belt hanno tutti dati compresi fra il 74% e l’85%.
Aggiungendo alla varietà etnica della popolazione le migrazioni interne, che da anni portano in posti come Georgia e Arizona (ma anche in Texas) elettori bianchi istruiti, si spiega buona parte dello spostamento a sinistra di questi stati del Sud, un tempo saldamente repubblicani.
Ma come abbiamo detto in altre occasioni, in questa tornata i Democratici stanno facendo un po’ fatica tra gli elettori non-bianchi rispetto al passato: guardano con interesse a Trump soprattutto gli ispanici, ma anche una quota di giovani afroamericani.
Secondo il sondaggio di Siena College di cui abbiamo parlato la settimana scorsa Harris avrebbe 64 punti di vantaggio fra gli elettori neri e appena 12 fra i latinos (negli stati della Sun Belt i numeri dei latinos sono simili, ma Harris va meglio fra gli elettori neri). Secondo gli exit poll della CNN nel 2020 Biden aveva 75 punti di vantaggio fra i neri e 33 fra gli ispanici, risultato quest’ultimo che già al tempo fu considerato quasi deludente, visto che Hillary Clinton aveva fatto segnare un notevole +38.
L’incognita dei latinos
Già nel 2020 fiorirono teorie attorno allo spostamento a destra dei latinoamericani. C’era chi sosteneva che soprattutto coloro che provenivano da Paesi socialisti temessero l’”estremismo” di una parte del Partito Democratico, teoria rinforzata soprattutto dallo straordinario risultato di Trump nell’area di Miami, ricca di cittadini di origine cubana (vedete quell’area rosso scuro in basso a destra?).
Si è pensato anche che potesse dipendere da motivazioni religiose o legate alla vicinanza a Donald Trump sul tema dell’aborto, ma il sentimento religioso dei latinoamericani (che sono a maggioranza cattolici, mentre il resto della popolazione è a maggioranza protestante) si sta affievolendo allo stesso ritmo di quello di tutti gli statunitensi. In entrambi i casi quasi un terzo non si riconosce in alcuna fede.
Inoltre secondo un recente sondaggio di Pew Research Center gli elettori ispanici sono più vicini a Harris che a Trump sul tema del diritto all’aborto.
Semmai gli elettori ispanici sembrano vicini a Trump su un tema molto importante in queste elezioni, quello dell’economia. Una preoccupazione comune a molti, il tema di questa e di molte altre tornate elettorali. E forse la chiave di questa “normalizzazione” del voto dei latinos, che gli specialisti americani chiamano racial realignment, è proprio questa. Anche se è una parte di popolazione che si preoccupa ancora molto della questione razziale, forse dobbiamo trattarlo in modo più simile al resto dell’elettorato. Gli elettori ispanici non si definiscono solo attraverso la propria etnia, ma hanno preoccupazioni simili a quelle degli altri elettori: l’economia, il sistema sanitario, la sicurezza.
Un’ultima cosa che rende ancora più interessante la sfida per la conquista dei latinos: sono il gruppo demografico che cresce più rapidamente. Erano il 16,3% della popolazione nel 2010, sono diventati il 18,7% nel 2020.
In una delle prime puntate di 270 avevamo promesso che, quando avremmo parlato estesamente dell’elettorato latino, avremmo condiviso con voi un orecchiabilissimo spot di Trump della campagna 2020. Eccolo:
Tutto il resto: un aggiornamento sulla scorsa puntata, i guai del sindaco di New York, il Nebraska non cambia la legge elettorale, chi si informa su TikTok e il dibattito fra i vice
🔎 La settimana scorsa abbiamo esaminato una teoria interessante sui sondaggi. Forse stiamo sopravvalutando il vantaggio di Trump nell’electoral college, come suggeriscono alcune recenti rilevazioni che stimano Trump più vicino a Harris nel voto nazionale, ma Harris ben posizionata nella Rust Belt. Avevamo citato proprio sondaggi di Quinnipiac University in Pennsylvania e Wisconsin, favorevoli a Harris. Ora ne è uscito uno dello stesso istituto che stima Trump avanti a livello nazionale. Buone notizie per i sostenitori della teoria. Ne parla anche Nate Silver.
🇹🇷 Il sindaco democatico di New York Eric Adams è stato incriminato per aver ricevuto finanziamenti irregolari dal governo turco. Alcuni, inclusa la deputata newyorkese Alexandria Ocasio Cortez, ne hanno chiesto le dimissioni, ma lui resiste. Potrebbe essere importante per il controllo della Camera, visto che a New York ci sono alcuni seggi che il GOP deve difendere dopo i recenti exploit.
🛑 Vi avevamo parlato mesi fa di un tentativo dei repubblicani, potenzialmente cruciale già in queste presidenziali, per cambiare la legge elettorale del Nebraska, uno dei due stati che non assegnano tutti i grandi elettori allo stesso candidato, ma due a chi vince nell’intero stato e tre a chi prevale in ciascuno dei tre distretti in cui è diviso lo stato. Questa regola ha permesso a Biden di guadagnare un grande elettore nel 2020. Un senatore locale, eletto democratico e passato al GOP quest’anno, si è messo in mezzo e ora sembra proprio che non se ne farà niente.
💃 Sempre più persone negli USA, giovani ma non solo, si informano su TikTok. Sono lontani i tempi in cui se ne parlava come del social dei balletti.
⚔️ Il 1° ottobre, cioè martedì prossimo (vola il tempo, eh?), si terrà il dibattito fra i candidati vicepresidente, Walz e Vance, mentre sembra difficile che ci sia un altro duello fra Harris e Trump.
Ulteriori letture
A lungo i media americani si sono chiesti perché Kamala Harris evitasse le interviste televisive, come faceva Biden (che però aveva il problema delle continue gaffes). Il New York Times ripercorre la sua prima intervista televisiva faccia a faccia, con toni decisamente non entusiastici.
I rapporti fra Volodymyr Zelenskyy e i Repubblicani sono sempre più tesi. Secondo Politico i parlamentari del GOP temono che il Presidente Ucraino si intrometta troppo nella campagna elettorale.
Per portarsi avanti in vista del 5 novembre: un po’ di contee da tenere d’occhio nel Nord industriale (Wisconsin, Michigan e Pennsylvania), sul sito del Center for Politics.