🇺🇸 Guida finale alle elezioni più incerte di sempre
Gli ultimi sondaggi confermano che sarà una sfida voto a voto, da seguire col fiato sospeso. Tutto quello che c'è da sapere per arrivare preparati alla sfida e la foto di Trump vestito da netturbino.
Eccoci, siamo arrivati all’ultima puntata di 270 prima del voto. Sembrava un traguardo lontanissimo quando abbiamo iniziato, e ora mancano appena quattro giorni al giorno della verità.
Nel frattempo abbiamo assistito a:
1. La rimozione e il ritorno sulle schede elettorali di Donald Trump
2. Primarie repubblicane così scontate che a un certo punto Haley ha perso contro “nessuno”
3. La condanna di Donald Trump
4. Almeno due tentativi di attentare alla vita di Donald Trump
5. Un dibattito di cui si parlerà per molti anni
6. La sostituzione di Joe Biden con Kamala Harris
7. Un candidato che passa dalle primarie Dem a una corsa da indipendente all’endorsement per Trump
Tutto in meno di un anno: non ci siamo annoiati.
E dopo tutto questo? Siamo sempre e comunque davanti a una delle presidenziali più incerte di sempre.
Se volete seguire l'election night insieme a noi vi aspettiamo il 5 novembre alle 21:00 alle OGR Torino con collegamenti live, musica, ospiti e tante mappe. L'ingresso è gratuito e ci si prenota qui.
Mercoledì tenete d’occhio le email perché arriverà una puntata speciale di 270, e ovviamente seguite i nostri social (Twitter e Instagram in primis) per tutti gli aggiornamenti. Tra martedì e mercoledì troverete i nostri Lorenzo Pregliasco, Giovanni Diamanti e Martina Carone nelle maratone televisive su Sky Tg24, La7 e Rete4. Cominciamo.
Le ultime su sondaggi e previsioni
Kamala Harris è sempre avanti nel voto nazionale, seppur di poco. Oggi FiveThirtyEight la stima in vantaggio di 1,2 punti. Per capirsi, si tratta di poco meno del margine con cui Hillary Clinton aveva vinto nel voto popolare nel 2016 (perdendo le elezioni) e tre punti in meno rispetto al margine ottenuto da Joe Biden nel 2020 (vincendo per un soffio).
Sappiamo che non è detto che, come nelle ultime due presidenziali, l’Electoral College favorisca Trump; ma non è che i sondaggi statali diano indicazioni chiare.
Il vantaggio di Kamala Harris nella Rust Belt è evaporato e le ultime medie assegnano addirittura a Trump un leggero vantaggio in Pennsylvania, probabilmente lo stato più importante di queste elezioni.
I divari però sono così ristretti che qualsiasi minima variabile, a partire da una normale oscillazione rispetto ai sondaggi (che hanno un margine d’errore di almeno +/- 2%), potrebbe far parlare mercoledì di una vittoria netta di Harris o di Trump. Ripetiamo un concetto che però ci sembra riassuma bene l’incertezza della situazione: con questi numeri il singolo esito più probabile è che Donald Trump vinca in tutti gli stati chiave, ma il secondo più probabile (con grande margine su tutti gli altri) è che sia Kamala Harris a stravincere.
Se vi sembra che il campo repubblicano sia molto sereno sull’esito delle elezioni, probabilmente l’ottimismo dei trumpiani è dovuto più al trend dei sondaggi nell’ultima ventina di giorni che alla situazione attuale.
Oggi infatti tutti i modelli predittivi considerano la sfida incertissima. Secondo Nate Silver Trump ha il 55% di probabilità di vittoria, secondo FiveThirtyEight il 53%, per l’Economist il 51%.
Immaginate di prendere un sacchetto tipo quello della tombola con solo i numeri da 1 a 30. Se esce un numero fra 1 e 16 vince Trump, se esce un numero da 17 a 30 vince Harris. Fa riflettere, no?
Come che sia, Trump e i suoi sembrano rivitalizzati da come è migliorata la situazione nell’ultimo mese. Appena due settimane fa infatti le probabilità erano simili, ma invertite (cambia poco a livello pratico, ma segnala un trend favorevole al GOP).
Trump ha guadagnato in un mese:
lo 0,9% in Michigan
lo 0,9% in Nevada
lo 0,8% in Wisconsin
lo 0,8% in Pennsylvania
lo 0,7% in Arizona
lo 0,6% in Georgia
lo 0,5% in North Carolina
Anche qui non parliamo di numeri enormi, ma pensateci: quattro anni fa tre d questi stati furono decisi da meno di un punto. E soprattutto colpisce che tutti gli stati vadano nella stessa direzione.
Sapete quale candidato è davvero più vicino a voi quando si parla dei temi caldi delle presidenziali? Scopritelo giocando con il Trovapresidente, che abbiamo realizzato insieme a Sky TG24.
Come si vota
In questa newsletter abbiamo dato per scontato dalla puntata numero quattro che chi ci legge sappia come si elegge il Presidente degli Stati Uniti. Per scrupolo, un piccolo ripasso del sistema elettorale per non sbagliarci.
Formalmente è un’elezione indiretta. Gli americani eleggono, stato per stato, l’electoral college che è composto da 538 delegati, i famosi grandi elettori, i quali a loro volta voteranno per eleggere il Presidente. Per praticità vi invitiamo a immaginarli come dei punti conquistati: chi arriva a 270 punti vince.
Ogni stato e il distretto di Washington DC assegnano un numero di grandi elettori più o meno proporzionale alla loro popolazione. Il numero di grandi elettori coincide con il numero di parlamentari eletti da ogni stato (ma attenzione, il parlamento si elegge separatamente). Ogni stato elegge due senatori, indipendentemente dalla sua grandezza, e un numero di deputati proporzionale alla popolazione, che va da 1 a 52. Quindi ogni stato elegge da 3 grandi elettori (è il caso di Delaware e Wyoming, ad esempio) a 54 (la California).
Il punto chiave: il candidato più votato in uno stato vince tutti i grandi elettori assegnati dallo stato stesso. Se ad esempio Trump vincesse in Texas conquisterebbe tutti i 40 grandi elettori messi in palio, sia se vincesse di un voto, sia se vincesse col 100% dei voti.
Due stati fanno eccezione al punto 3: Nebraska (5 grandi elettori) e Maine (4). In questi stati infatti il candidato più votato nello stato conquista 2 grandi elettori, mentre gli altri vengono assegnati a chi vince in ciascuno dei distretti in cui è diviso lo stato. Non è un dettaglio trascurabile perché il Nebraska potrebbe essere decisivo: se Kamala Harris dovesse vincere nei tre stati chiave della Rust Belt, il secondo distretto del Nebraska (vinto da Biden nel 2020) farebbe la differenza fra una vittoria 270 a 268 per Harris e un pareggio 269-269 che con ogni probabilità riporterebbe Trump alla Casa Bianca (vedi il punto 5).
In caso di pareggio (improbabile, ma non impossibile) infatti il nuovo Presidente verrebbe scelto dalla nuova Camera dei Rappresentanti, con la delegazione di ogni stato che avrebbe un voto a propria disposizione. Si possono votare solo candidati che hanno ottenuto grandi elettori e chi ne conquista 26 su 50 vince. In questo caso Trump sarebbe largamente favorito.
Si può votare in anticipo, per posta o di persona. Sta già avvenendo, come avevamo anticipato nella scorsa newsletter, ma qual è la situazione? Secondo il New York Times anche quest’anno ci sarà molto voto anticipato (lo stesso Biden ha già votato così) ma meno rispetto al 2020.
Non dobbiamo però neanche aspettarci il plebiscito nell’early vote per il Partito Democratico che si verificò quattro anni fa. Gli elettori Dem ricorrono ancora più dei Repubblicani al voto anticipato, ma ci potrebbe essere più equilibrio, almeno a giudicare dalla party registration, cioè l’affiliazione partitica che si registra nelle liste elettorali in molti stati.
Si voterà anche per il rinnovo del Congresso, il Parlamento. La Camera è eletta con un sistema maggioritario con collegi uninominali. Il Paese è diviso in un numero di collegi (o aree) pari al numero di deputati da eleggere (435), il candidato deputato che prende più voti si aggiudica il seggio in Parlamento per due anni. Per il Senato si torna invece a votare per un terzo dei posti (un mandato dura 6 anni, e sono sfalsati. Fra due anni si torna a votare per un altro terzo, fra quattro anni per l’ultimo terzo). Anche qui abbiamo un sistema maggioritario, ma su base statale. I Repubblicani sono favoriti per riconquistare la maggioranza al Senato, mentre la Camera è in bilico.
Occhio ai blue o red mirage
Durante la notte potremmo avere l’impressione di vedere cose che non esistono, e non solo perché a un certo punto potremmo essere legittimamente stanchi e confusi. Il modo in cui i vari stati contano i voti infatti può portare ad avere in un primo momento risultati molto netti per un candidato o per l’altro, destinati a evaporare con l’avanzare dello scrutinio.
Ad esempio in Georgia e North Carolina nel 2022 vennero comunicati prima i voti espressi in anticipo (che potevano già essere contati a votazioni in corso, in molti casi). Questo portò all’illusione che i Dem fossero saldamente avanti, salvo poi cambiare radicalmente nel corso della notte. In alcuni casi la storia fu ancora più complicata: in Pennsylvania inizialmente il voto anticipato aveva dato una grande spinta al candidato Dem, Fetterman, che poi fu recuperato. Ma alla fine dello scrutinio arrivarono i voti di Philadelphia, che restituirono a Fetterman un vantaggio solido. Le montagne russe.
Per provare a orientarsi vi consigliamo questa guida.
Gli orari da tenere d’occhio
I primi seggi chiuderanno quando in Italia sarà mezzanotte, ma si tratta di alcune aree del Kentucky e dell’Indiana, due stati che Trump dovrebbe vincere facilmente. Qualche primissimo segnale potrebbero comunque darlo.
(The Downballot ci aiuta con una mappa con il fuso orario italiano; curiosità: il 5 novembre il fuso orario tra costa Est e Italia tornerà a essere quello solito di 6 ore, ma oggi è ancora di 5 ore, perché negli Stati Uniti passeranno all’ora solare nel fine settimana).
I dati dagli stati chiave cominceranno ad arrivare però appena un’ora dopo, all’1 italiana, quando chiuderanno i seggi in Georgia e in Florida. Quest’ultimo non è uno stato chiave, ma comunque potrebbe aiutarci a capire di più su qualche tendenza.
All’1.30 tocca alla North Carolina (e all’Ohio, che non è più decisivo ma è sempre interessante, soprattutto per il Senato).
Alle 2 arriveranno i primi numeri da Pennsylvania e Michigan. A quest’ora quindi i quattro stati chiave più grandi avranno terminato le procedure di voto.
Alle 3 tocca ad Arizona (che non comunica dati nella prima ora, ma ci potrebbero essere exit poll statali) e Wisconsin, alle 4 al Nevada, e si va avanti fino alle 6 del mattino, quando chiudono i seggi in Alaska e alle Hawaii (che, vi rassicuriamo, sono ininfluenti).
Il fatto che ci sia meno voto postale e anticipato da contare potrebbe ridurre i tempi di scrutinio rispetto al 2020, ma non saremmo così sorpresi se mercoledì andassimo a dormire (all’alba) senza sapere chi sarà il nuovo Presidente degli Stati Uniti.
Ora sta a voi pianificare la strategia migliore per seguire tutto e godervi una settimana piuttosto intensa. Promemoria: ci troverete sui nostri canali social e in tv su Sky TG24, La7 e Rete4.
Tutto il resto: battute e controbattute sulla spazzatura, il non endorsement del Washington Post, Halloween alla Casa Bianca, Schwarzenegger per Harris, chi vincerebbe in Italia
🗑️ Durante un evento di Trump a New York il comico Tony Hinchcliffe ha chiamato Porto Rico “un’isola di spazzatura”. C’è stata un po’ di indignazione, il rapper portoricano Bad Bunny e la cantante di origine portoricana Jennifer Lopez hanno invitato a votare Harris, Biden ha detto in modo un po’ confuso che semmai gli elettori di Trump sono spazzatura e Trump ha risposto mettendosi alla guida di un camion della spazzatura e dicendo che il Presidente e la sua Vice dovrebbero vergognarsi delle proprie frasi. Così ora se vi passa davanti questa foto bizzarra avete un po’ di contesto per capire come ci siamo arrivati.
📰 Jeff Bezos, fondatore di Amazon e proprietario del Washington Post, ha bloccato l’endorsement per Kamala Harris che il team editoriale del giornale aveva preparato. Negli USA è comune che i giornali diano un’indicazione di voto. Secondo lo stesso Washington Post, da venerdì scorso 250.000 persone hanno cancellato il proprio abbonamento (il 10% del totale circa).
🏋️♂️ Arnold Schwarzenegger, ex governatore Repubblicano della California ed ex attore e leggenda del bodybuilding, ha detto che voterà Kamala Harris.
🇮🇹 Abbiamo fatto un sondaggio sugli elettori italiani chiedendo chi avrebbero votato fra Harris e Trump ed ha stravinto la candidata democratica: il 78% voterebbe per lei, mentre il 22% sceglierebbe Trump.
🐼 La First Lady Jill Biden si è travestita da panda per Halloween. Sì, in effetti è un po’ inquietante.
Ulteriori letture:
Una panoramica sulle corse “secondarie” da seguire: i seggi in bilico alla Camera, al Senato, i governatori, i referendum… tutto su boltmag.org.
Volete sapere come votano e come hanno votato storicamente le persone come voi? C’è un bellissimo speciale del Washington Post.
Otto tipi di posti da guardare per capire come sta andando. Quando Split Ticket ha fatto questo speciale per POLITICO Biden era ancora candidato, ma la guida è ancora valida.