🚨 Allarme rosso per Biden
Il Presidente appare lento e spento nel dibattito, Trump schiva le domande ma vince il duello e ora si parla più apertamente di un piano B per i Dem. La Squad intanto perde una costosissima elezione.
Aprendo le home page dei principali giornali americani questa mattina, dopo il dibattito fra Biden e Trump che si è svolto nella notte italiana, tutti avevano una qualche variante di questa domanda: è ancora giusto puntare su Biden per i Dem?
Joe Biden infatti, come forse prevedibile, è apparso molto meno vivace del rivale, anche più di quanto ci si potesse aspettare dato lo stile dei due contendenti. Il Presidente in carica non ha avuto momenti di black out come temevano i suoi, ma diverse situazioni in cui si è confuso con le parole, ha tossito, ha balbettato, e anche qualche momento in cui ha perso il filo del discorso. Dopo 22 minuti Donald Trump, chiamato a replicare su una questione relativa all’immigrazione, ha dovuto ammettere che non aveva capito cosa avesse detto Biden, interpretando forse il pensiero di molti.
Soprattutto Biden è sembrato, al di là dei momenti di incertezza, lento, debole, o semplicemente molto vecchio. Secondo un sondaggio di Siena College per il New York Times svolto prima del dibattito, il 48% dei probabili elettori sosteneva che Biden avrebbe fatto una bella figura, contro il 59% che diceva che Trump si sarebbe messo positivamente in mostra. Segno che le aspettative erano soprattutto sul candidato dei Repubblicani.
Secondo un sondaggio flash della CNN, che ospitava il dibattito, due spettatori su tre ritengono effettivamente che Trump abbia poi vinto il dibattito. Certo, forse si sopravvalutano le reazioni a caldo - molti elettori vedranno solo spezzoni di dibattito, o comunque clip tagliate, editate e memate sui social media - ma per fare un confronto con il 2020 dobbiamo ricordare che in quell’occasione Biden “vinse” entrambi i dibattiti.
Che dibattito è stato?
Al di là della scarsa prestazione di Biden, anche Trump non ha brillato particolarmente. In alcuni passaggi ha dato risposte che anche un occhio non attentissimo potrebbe aver trovato surreali, come quando, interrogato sul suo stato di salute, si è vantato delle sue prestazioni a golf, o quando parlando del clima ha sostenuto che l’aria e l’acqua durante il suo mandato fossero “immacolate”. Soprattutto una cosa che ha colpito molti osservatori è il numero di volte in cui l’ex Presidente evitava le domande per tornare su questioni lasciate aperte in precedenza.
Più volte i moderatori Jake Tapper e Dana Bash hanno dovuto richiamare Trump dicendogli cose del tipo “ha ancora 50 secondi, la domanda era…”. In particolare la domanda sull’eventuale accettazione di una nuova sconfitta elettorale gli è stata posta tre volte prima che rispondesse.
Uno dei motivi è che entrambi i candidati hanno impiegato molto del proprio tempo per attaccarsi a vicenda, con linee di messaggio diverse. Trump ha insistito molto sulla mancanza di forza e leadership di Biden, un tema legato anche a quello della lucidità dell’attuale Presidente. Trump ha ripetuto più volte che gli Stati Uniti, proprio per colpa di Biden, non sarebbero rispettati all’estero e questo causa l’instabilità mondiale attuale. Più volte ha sostenuto che oggi gli Stati Uniti “sembrano stupidi”.
Biden invece ha insistito più volte sulla ”eccezionalità negativa” di Trump. Dalla posizione su Putin e Nato alle questioni legate a democrazia ed estremismi, l’inquilino della Casa Bianca ha puntato più volte sul confronto fra Trump e gli altri ex Presidenti, sostenendo che Donald sia inadatto a ricoprire nuovamente la carica.
Trump ha detto in generale molte cose non vere, hanno osservato diversi commentatori, ma non possiamo dire che fosse una cosa inattesa.
Una cosa interessante riguarda le regole. Il candidato che non parlava aveva il microfono spento, in modo che non potesse interrompere. Si pensava che questo avrebbe aiutato Biden, vista la sua scarsa vivacità, ma ha funzionato poco. Come ha scritto il New York Times, è stato quasi peggio vedere il Presidente incastrarsi da solo mentre Trump aspettava il proprio turno per parlare, piuttosto che vedere Biden interrotto continuamente.
A proposito di regole: era proprio necessario che Biden accettasse di partecipare al dibattito? Se lo chiedono alcuni osservatori riflettendo sul fatto che il team del Presidente, che ha a che fare con lui quotidianamente, doveva essere in grado di prevedere cosa sarebbe successo e in che condizioni fosse. Un fatto grave, soprattutto perché per molti americani il primo dibattito è anche il primo momento in cui si sintonizzano con la campagna elettorale. E Biden non ha offerto una grande prima impressione.
Ma si può davvero cambiare candidato in corsa?
Dipende da Biden, ma non sembra voglia farsi da parte. Sarà la convention a decidere ufficialmente il nome del candidato Dem alla Presidenza, ma a meno che non sia lo stesso Presidente a ritirarsi nessun piano B sembra uno scenario plausibile. In ogni caso sarebbe una scelta rischiosa e dolorosa per un partito che ha investito gli ultimi 14 mesi a convincere l’elettorato che Biden fosse in gran forma e assolutamente adatto a guidare il Paese per altri quattro anni.
Fatto sta che nella notte italiana le agenzie di scommesse statunitensi hanno alzato le quote sulla vittoria di Biden e sulla sua candidatura in maniera significativa, palesando il fatto che entrambi gli avvenimenti sono oggi meno probabili di quanto non lo fossero settimana scorsa.
Specifichiamolo chiaramente: Joe Biden è ancora il grande favorito della convention Dem, ma oggi secondo la media delle quote delle scommesse elaborata da Real Clear Politics hanno qualche chance in più rispetto a ieri Gavin Newsom (governatore della California), Michelle Obama (ex first lady) e Kamala Harris (attuale vicepresidente).
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Nessuno è un candidato perfetto. Michelle Obama non ha alcuna esperienza politica e ha più volte escluso di voler fare carriera politica. Kamala Harris è impopolare, ma sembra la scelta più naturale. Ma poi è così certo che un altro candidato avrebbe più chances contro Trump? A marzo ad esempio Rasmussen Report aveva sondato Newsom contro Trump, stimando che il governatore della California avrebbe perso di 17 punti (ma dava anche Biden indietro di 8 punti).
Un grosso sondaggio del New York Times
Nel primo sondaggio di Siena College per il New York Times dopo la condanna di Donald Trump il candidato dei Repubblicani continua a essere avanti nelle intenzioni di voto, con più di tre punti di margine (quattro dopo l’arrotondamento dei risultati) fra chi afferma che probabilmente andrà a votare a novembre. Trump sarebbe avanti 48% a 44%. Il sondaggio ovviamente è stato svolto prima del dibattito.
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Alcuni spunti interessanti:
Per la prima volta Siena College misura per il New York Times il consenso di Robert F. Kennedy e in generale degli altri candidati minori. Il figlio di Bob Kennedy avrebbe il 7% dei voti, Jill Stein del partito dei Verdi il 2%, tutti gli altri meno dell’1%. Può essere interessante notare che fra gli elettori registrati Kennedy raggiunge il 9%, segno che va molto forte fra chi probabilmente alla fine non voterà. C’è anche un segnale che ci suggerisce che gli elettori di questi candidati siano soprattutto Dem delusi da Biden: la maggioranza di loro ha votato Biden nel 2020, ma se dovessero scegliere fra il Presidente attuale e Trump a novembre si dividerebbero a metà.
A quattro mesi dal voto (come corre il tempo, eh?) ancora gli elettori Dem non sono convinti della candidatura di Biden e come abbiamo detto prima probabilmente ne sono ancora meno convinti dopo il dibattito. Quasi la metà (45%) dei suoi elettori del 2020 e dei suoi potenziali elettori nel 2024 vorrebbe un candidato diverso a rappresentare il Partito Democratico. Trump non ha di questi problemi: solo uno dei suoi elettori ogni cinque vorrebbe un candidato diverso per il GOP.
I sondaggi stavano andando genericamente un po’ meglio per Biden, che nella media di FiveThirtyEight ha raggiunto Trump (il fatto che basti avere gli stessi voti per vincere poi è tutto da vedere). Forse un po’ ha influito alla fine anche la condanna dell’ex Presidente, che però ha avuto un peso piuttosto basso. Fra gli elettori di Trump nel 2020 infatti solo il 5% si dice meno propenso a votare il candidato repubblicano dopo la condanna, mentre il 24% si stringe attorno a Trump affermando di essere più intenzionato a sostenerlo. Diversa è però la questione se si guardano gli elettori che non hanno votato nel 2020 ma pensano di farlo quest’anno e fra coloro che si considerano indipendenti. In questo elettorato potenzialmente decisivo coloro che sono stati scoraggiati dalla condanna di Trump sono più del doppio di chi si considera più propenso a votarlo ora.
Tutto il resto: le primarie per la Camera più costose di sempre, gli investimenti green nelle aree conservatrici, e i candidati che cambiano collegio per vincere
💸 Il deputato Jamaal Bowman, uno dei membri della sinistra Dem (la cosiddetta Squad), ha perso le primarie per la rielezione contro George Latimer. Si è parlato di questa sfida per un seggio a New York perché è la prima volta che un membro della Squad perde un’elezione, perché Bowman rappresentava la parte dei Dem più pro-Palestina, e perché sono stati raccolti e spesi in questa campagna oltre 24 milioni di dollari, un record. Solo i gruppi pro-Israele hanno investito 16 milioni di dollari contro Bowman.
🔄 Cosa può fare un candidato se il suo collegio diventa più complesso da vincere? Cambia collegio! Ha fatto proprio questo la discussa deputata repubblicana Lauren Boebert, che si è presentata alle primarie in un collegio più favorevole ai Repubblicani in vista di novembre, e ha vinto agilmente.
💚 Nel suo mandato Biden sta investendo molto sulla lotta al cambiamento climatico e per rendere gli Stati Uniti protagonisti della nuova economia green. A godere dei suoi investimenti sono però soprattutto i distretti che votano GOP.
Ulteriori letture
Alla fine fra gli oltre 300 milioni di americani l’ultima parola ce l’avranno gli elettori degli swing states. Ma chi sono, cosa pensano, e soprattutto quanto siamo simili a loro? Ora c’è un test del Washington Post per scoprirlo.
Oggi tutti i giornali online hanno almeno un articolo sul dibattito e una sua sintesi. Vi proponiamo quelle del Washinton Post e del New York Times, se non vi basta la nostra sintesi.